Docenti lavorano 36 ore a settimana, ma la metà non sono riconosciute in contratto
Gli insegnanti italiani lavorano 36 ore a settimana. La metà di queste ore, non passate in aula a fare lezione, non vengono riconosciute a livello contrattuale. Costituiscono l’ennesimo esempio della scarsa attenzione riservata a una categoria che dovrebbe essere invece prioritaria nelle attenzioni del governo in virtù del ruolo sociale e didattico che riveste.
Lo sottolinea un’indagine pubblicata dall’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, guidato da Carlo Cottarelli. Le “ore invisibili“ sono “legate alla sfera strettamente scolastica. In esempio la preparazione e la correzione di verifiche scritte o la partecipazione a collegi docenti, consigli di classe, di dipartimento e colloqui con i genitori”.
Molti insegnanti hanno bisogno di trascorrere del tempo per “adempimenti burocratici. Parliamo di compilazione del registro elettronico o la stesura di rapporti sull’attività di insegnamento”.
Queste ore lavorative complessive non sono regolamentate da contratto. All’estero invece, è prevista una distinzione tra ore di lezione e ore extra lezione.
Il pensiero del presidente nazionale Pacifico
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “è insopportabile il silenzio con il quale la rilevazione nazionale è stata accolta. Come intollerabile è il tempo trascorso dall’ultimo rinnovo contrattuale. Tante promesse, accordi e patti con il Ministro e il Governo di turno, ma senza che poi questo si traduca in un atto concreto. Continuiamo a pensare che senza almeno 300 euro di aumento e alcune indennità da collocare direttamente in busta paga, ad iniziare da quelle di rischio e di sede, qualsiasi altro aumento inferiore rappresenti l’ennesimo affronto verso una categoria che ha dato e sta dando tantissimo in termini di sacrificio e abnegazione per garantire la didattica tra le tante difficoltà dovute al Covid19. Se anche un Osservatorio universitario e super partes, come quello alla guida di Carlo Cottarelli, si sofferma su questa discrasia, sempre più evidente e che sempre più ci allontana dall’Unione europea. Dove gli stipendi e la valorizzazione dei docenti sono su livelli decisamente più alti, significa che davvero la misura è colma”.