Divisa scolastica: favorevoli o contrari?
È di pochi giorni fa la notizia del possibile ritorno delle divise scolastiche in Francia e si riapre il dibattito, anche in Italia tra favorevoli e contrari.
La situazione in Francia
È una questione di eguaglianza tra bambini. Oggi, ahimè, le marche dei vestiti contano ben troppo, con fenomeni un po’ sciocchi di materialismo. Evidentemente questo non è conforme a ciò che potremmo auspicare per la scuola della Repubblica. L’uniforme può essere una risposta. Certo, non ne faccio l’alfa e l’omega di una politica educativa, ma in alcuni casi può essere utile.
Così parla il Ministro Blanquer in Francia e si scatena l’opposizione tra chi appoggia la sua idea e chi non vorrebbe mai vedere i propri figli o studenti indossare l’uniforme.
Sempre secondo il Ministro francese la soluzione ideale sarebbe lasciare libertà d’azione agli enti locali, come avvenuto di recente a Provins, nel Dipartimento di Seine-et-Marne: qui era stato indetto un referendum sul tema, e il 62,4% dei votanti ha approvato l’uso della divisa.
Anche la testata Le Figaro ha alzato la questione, sottolinenando come in Francia vengano scelte sempre di più le scuole private non miste dai genitori, soprattutto durante l’adolescenza dei figli.
A partire da queste notizie torna attuale questo argomento anche nel nostro Paese e autorità, docenti, psicologi si schierano a favore o contro l’uniforme.
Le motivazioni dei favorevoli
In Italia una scuola ha adottato la divisa scolastica, a Mondovì in provincia di Cuneo: molti dei ragazzi non sembrano troppo dispiaciuti, e sottolineano il fatto di essere, in questo modo, tutti uguali, di non dover più sentire critiche sul proprio tipo di abbigliamento, di non essere categorizzati a seconda di quello che s’indossa e di dover evitare la scelta dell’outfit per andare a scuola la sera prima.
Secondo i favorevoli, infatti, la divisa ha vari effetti benefici:
- senso di appartenenza, essere parte di una stessa squadra;
- no al bullismo, eliminare discriminazioni in base all’abbigliamento e alle possibilità economiche
- più sicurezza, nelle uscite per i docenti è più facile individuare gli alunni
- eliminazione delle differenze sociali
- aspetto economico, i prezzi dovrebbero essere accessibili a tutti eliminando così un costo extra di vestiario alle famiglie.
Nei college più prestigiosi, in tutto in mondo, è un orgoglio indossare la divisa: per i favorevoli dovrebbe quindi esserlo anche nella scuola pubblica. Inoltre, la scuola è un luogo di lavoro e in tanti di essi viene usata la divisa.
Molti docenti lamentano anche un’eccessiva attenzione, soprattutto da parte degli adolescenti, per l’abbigliamento da adottare a scuola, sia da ragazzi che da ragazze: appare quindi inaccettabile per loro che una cultura così effimera possa risiedere tra le mura scolastiche. Al contrario, il pensiero, l’individualità e la creatività possono esprimersi anche attraverso altre strade.
Le motivazioni dei contrari
Al Tar è stato presentato un ricorso da un istituto comprensivo del leccese nel tentativo di uniformare il vestiario degli alunni: il tribunale ha emesso una sentenza in cui si afferma l’illegittimità dell’obbligo dell’uniforme, che penalizzerebbe gli alunni che non possono permettersela.
Questa è proprio una delle motivazioni spesso riportare dai contrari, che vedono nella divisa un costo ma anche uno strumento di omologazione e azzeramento della personalità e della creatività degli alunni.
Giannelli, Presidente dell’Associazione Presidi, ha dichiarato:
All’idea in sé io, personalmente, non sarei contrario ma è necessario comprenderne il senso di un ritorno alla divisa e nella società attuale non ne ha, sarebbe anacronistico. Lo scopo sarebbe quello di non far percepire le distanze sociali tra gli studenti, ma allora sarebbe necessario intervenire anche sul cellulare, le scarpe, lo zaino e tutto il corredo scolastico.
Inoltre definisce quest’opzione come «una massificazione, una omologazione che il nostro sistema non potrebbe accettare».
Il dibattito rimane quindi aperto, anche in vista delle azioni del nuovo Ministro dell’Istruzione.