Il crocifisso a scuola: tra libertà di culto e religione di Stato

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Le vacanze natalizie riportano necessariamente l’attenzione su temi religiosi, e questo anche per chi non è religioso o appartiene a fedi diverse da quella cattolica: quindici giorni circa di sospensione delle attività didattiche impongono una riflessione sulla loro causale, e quindi il Natale, la religione cattolica cristiana e dunque il crocifisso, sempre presente nelle aule delle scuole italiane.

Contro il crocifisso in aula

Qualche anno fa, infatti, l’affermarsi preponderante dell’ateismo, quasi come moda sociale, oltre al lento insinuarsi della presenza di fedeli di altre religioni, hanno fatto sì che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche fosse portata all’attenzione delle supreme Corti internazionali (di Giustizia e dei Diritti dell’uomo) su ricorso dei cittadini che non ne ritenevano tollerabile la presenza, alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini e di libertà di culto.

In questi ricorsi sostanzialmente si affermava che la suddetta presenza limitava la loro libertà di culto, creando una discriminazione sostanziale anche nei confronti di chi pretendeva un’educazione “laica”. Lo Stato Italiano, però, si era difeso, sostenendo che la presenza del crocifisso era simbolo della religione preponderante in Italia, anche da un punto di vista dell’identità storico-culturale, e non implicava il ritorno alla religione cattolica come “religione di Stato”, tipico dei passati periodi storici.

Il parere della Corte Suprema

La Corte Suprema, ed in particolare quella dei Diritti dell’uomo, ha sancito, in accoglimento delle tesi dello Stato Italiano, che la presenza del crocifisso è un simbolo identitario storico-culturale- religioso di un popolo e di una Nazione, come quella italiana appunto, e non è assimilabile in nessun caso all’insegnamento della religione cattolica (da cui si può essere esonerati) o dalla partecipazione obbligatoria ad una funzione o simili.

In altre parole nell’attuale momento storico tra il desiderio-piacere della maggioranza dei cittadini di vedere un proprio simbolo fortemente identitario ed il disturbo-disapprovazione della minoranza a vedere qualcosa in cui non credono prevale il primo, andando, diversamente opinando, a ledere i principi di uguaglianza sostanziale, sanciti anche nella Costituzione Italiana stessa.

La logicità e correttezza di tali decisioni sono state tali che non sono stati più riproposti ricorsi sul tema ormai da qualche anno.

a cura del Prof. Avv. Vincenzo Filiberti

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